giovedì 27 dicembre 2012

Non t'arrabbiare

Negli ultimi tempi la matematica fa discutere. Il famoso Concorsone Per Diventare Insegnanti, con i suoi quesiti di logica, insiemistica, risoluzione di equazioni in # e ç, ha dato adito a molte recriminazioni. A me è capitato di leggere la lettera di Alex Corlazzoli, docente precario che non è riuscito a superare la prova. Allora mi sono incuriosita e ho dato un’occhiata ai test.
Mi pare di capire che i candidati si aspettassero – in maniera molto ragionevole – di essere valutati per la loro capacità di comunicare a bambini e ragazzi. Perciò alcuni sono rimasti delusi avendo la sensazione di trovarsi davanti alla settimana enigmistica. Certi quiz di logica erano obiettivamente cervellotici, a volte addirittura ambigui, e io per prima ammetto di non essere riuscita a rispondere a tutte le domande del tipo “Completa questa successione di  numeri: …”.
Questo però non vale in generale. Di sicuro non vale per i quesiti sui diagrammi di Eulero-Venn.
Ogni cane, si sa, dorme nella sua cuccia. Ma se ci chiedessero di disegnare il diagramma di Eulero-Venn di cani e cucce, dovremmo prendere due cerchi completamente separati, così.



Infatti, anche se i cani stanno nelle cucce, l’insieme dei cani non sta all’interno dell’insieme delle cucce. I due insiemi sono addirittura disgiunti, perché nessun cane è una cuccia. In compenso, possiamo ben dire che l’insieme dei cani sta nell’insieme di tutti i mammiferi. Questo perché ogni cane è anche un mammifero.



La comprensione del testo è considerata oggi la capacità fondamentale per uno studente. Esercizi come il precedente aiutano a riflettere sui tranelli in cui si può incappare con un uso poco attento del linguaggio. (Nel caso di cani e cucce, col confondere essere e stare.) E lo fanno in maniera operativa, pittoresca, e per di più appellandosi all’intuizione spaziale.
Ecco perché diagrammi di Eulero-Venn dovrebbero far parte del bagaglio didattico di ogni buon insegnante. Secondo me.

lunedì 22 ottobre 2012

Pitagora, in parole povere

...o senza parole?


Mi sono imbattuta in questo disegno durante il primo anno di matematica a Ferrara. Fino ad allora, il teorema di Pitagora mi era sembrato magia nera: un fatto per nulla ovvio la cui dimostrazione richiede una macchinosa serie di passaggi logici. Quel giorno, mentre fissavo la lavagna, in pochi minuti tutti i pezzi del puzzle sono finiti al loro posto. Ora mi basta ripensare a quest'immagine e capisco in un colpo solo perché mai la somma dei quadrati dei cateti debba per forza essere uguale al quadrato dell'ipotenusa.
Un disegno simile si trova già nel Zhou Bi Suan Jing, un testo cinese che risale a più di duemila anni fa. Nell'undicesimo secolo, il matematico indiano Bhaskara lo inserì nel suo Lilivati, con un solo commento: "Guarda!". Un'altra variante ancora è dovuta a James A. Garfield, forse più noto per essere stato il ventesimo presidente degli Stati Uniti. La versione che ho conosciuto all'università è invece molto più recente, e sembra sia stata scoperta da Maurice Laisnez, uno studente di liceo dell'Indiana.
Alcuni obiettano che queste non sono vere e proprie dimostrazioni, perché mancano di rigore. Per me è stato amore a prima vista.

Di nuovo grazie a Camilla Panebarco per il bellissimo disegno.

martedì 9 ottobre 2012

Uomini e donne

Durante la stagione dell'accoppiamento, ognuno si ingegna come può per trovare un partner. C'è chi passa tutto il tempo a mettersi in mostra lanciando inequivocabili messaggi di disponibilità, e chi a girare come un matto alla ricerca dell'anima gemella. Altri ancora, sembrano pensare che in media stat virtus. Ma quale sarà davvero la strategia vincente?
Per capirlo, pensiamo a cosa succede quando si aprono le danze. I più dinamici scoveranno in fretta un compagno, che probabilmente sarà tra quelli più abili a farsi notare. E così via fino ai più indecisi, che rischieranno di trovarsi in braghe di tela. Insomma, specializzarsi conviene.
Il ragionamento è senz'altro semplicistico in una visione antropomorfa, ma se lo applichiamo a organismi unicellulari potrebbe spiegare perché esistono i maschi e le femmine. I gameti sono finiti con il diventare agili e veloci - gli spermatozoi, oppure grandi e ben riconoscibili - gli ovuli. Ogni ulteriore alternativa è scomparsa sotto la pressione della selezione naturale.
Ovviamente queste sono solo chiacchiere. Per rendere i ragionamenti più precisi, i biologi hanno preso in prestito dalla matematica, adattandola a un contesto evoluzionistico, la Teoria dei giochi. A dispetto del nome, questa si occupa di situazioni di conflitto in cui le scelte dei contendenti sono simultanee, un po' come a carta-forbice-sasso. (Niente a che vedere con il lotto, quindi.) La nuova disciplina è stata chiamata, con poca fantasia, Teoria dei giochi evoluzionistica. Le sue tecniche sono state impiegate con successo per la prima volta da R.A.Fisher per spiegare un fenomeno che tra l'altro ha a che fare con il nostro: perché in molte specie animali il rapporto tra maschi e femmine tende a mantenersi uno a uno.
Riguardo all'origine dei sessi, la ricerca è molto attiva e nessuna spiegazione ha ancora trovato il pieno consenso della comunità dei biologi. Di recente però, un giovane italiano ha proposto una teoria che, se confermata, implicherebbe un vero e proprio cambio di paradigma. :)

lunedì 1 ottobre 2012

Che palle!

Perché l'uno è divisibile solo per uno e per se stesso, eppure non è considerato un numero primo? La questione mi è stata posta più di una volta, e ho sempre finito col bofonchiare qualcosa sulla convenienza per l'enunciazione di questo e quel teorema. Ora ho per le mani una spiegazione più convincente. Eccola qui, per chi ha la pazienza di seguirmi.
Prendiamo un po' di numeri, sparpagliamoli, e colleghiamo ciascun numero a quelli che lo dividono usando delle frecce. Ad esempio, il due e il tre vanno collegati solamente con l'uno, mentre dal sei partono tre frecce: verso l'uno, il due e il tre. Ecco qui cosa otteniamo.


Il disegno è parecchio complicato, ed è difficile capirci qualcosa. Pensandoci bene, però, non tutte le frecce sono importanti. Ad esempio, non abbiamo bisogno di una freccia per ricordarci che l'uno divide il quattro: i numeri sono già collegati dal percorso che passa attraverso il due. Le frecce superflue sono tante e possiamo sbarazzarcene.


Molto meglio, no? E ora capita qualcosa di interessante. Concentriamoci per un momento sul sei. C'è più di un modo per collegarlo all'uno - passando per il due oppure per il tre, ma tutti i percorsi contengono la stessa quantità di frecce. Questo vale per tutti i numeri, e ci dà l'idea di riordinarli disponendoli su livelli, così.


L'uno è da solo al piano terra. Il primo piano contiene invece tutti i numeri che gli sono collegati direttamente con una freccia. Li riconoscete? Esatto, sono proprio i numeri primi! Questo mi sembra un po' il concetto che si vuole afferrare, indipendentemente dalle definizioni usate per descriverli.

Dal disegno si nota anche un'altra cosa. Ogni volta che vogliamo passare da un numero su di un livello al livello immediatamente superiore, ci basta moltiplicare il numero di partenza per un primo. Questo ha a che fare con il Teorema fondamentale dell'aritmetica, ed è il motivo per cui i numeri primi sono spesso paragonati a dei mattoncini, con cui si possono costruire tutti gli altri numeri... Altro che palle!

Grazie a Camilla Panebarco per i bellissimi disegni.

lunedì 24 settembre 2012

Lo strano caso

Per Holden Caulfield, i libri che ti lasciano proprio senza fiato sono quelli che, quando li hai finiti di leggere, vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira. A me piacerebbe fare una telefonata a Mark Haddon. Perché nel suo romanzo The Curious Incident of the Dog in the Night-Time - in italiano Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte - ha inserito la dimostrazione di un teorema. Ardito, no?
Haddon dà voce direttamente al protagonista, Christopher Boone, un ragazzino con la sindrome di Asperger. Il libro è il racconto che Christopher sta scrivendo, e per questo è pieno di bizzarrie, come scarabocchi di costellazioni che diventano dinosauri, o cartine superdettagliate dello zoo. E di un sacco di matematica.
And I was going to write out how I answered the question except Siobhan said it wasn't very interesting, but I said it was. And she said people wouldn't want to read the answers to a maths question in a book, and she said I could put the answer in an Appendix which is an extra chapter at the end of a book which people can read if they want to. And that is what I have done.
Chi fa divulgazione scientifica è attento a non spaventare il pubblico con i tecnicismi. Ad esempio, nel suo famoso A Brief History of Time, Hawking racconta di aver ascoltato il monito di chi diceva che ogni equazione avrebbe fatto dimezzare le vendite. Il piccolo Christopher, con la sua disarmante appassionata spontaneità, ha mostrato che questo non è necessariamente vero. Anche se...
Ecco, se si potesse, farei un colpo di telefono a Haddon e gli chiederei come mai ha deciso di relegare la dimostrazione nell'appendice. Un semplice espediente per non appesantire la narrazione? E se non fosse stata una sua scelta? E se fosse stato pure lui costretto dalle solite logiche editoriali e commerciali?
O forse lo inviterei semplicemente a parlare un po' dell'interessantissimo, strano caso davanti a una tazza di tè!

martedì 18 settembre 2012

Trent'anni metropolitani a Londra

No, purtroppo non ho vissuto trent'anni a Londra, però ho festeggiato lì il mio trentesimo compleanno! Ci ho passato un fantastico week-end e, visto che mi piace camminare, la sfida di sabato è stata fare un bel giro senza prendere la Tube. Idea bizzarra che mi ha procurato grandi dolori ai piedi (su cui non mi soffermerò) e mi ha convinto che Londra non sarebbe Londra senza la sua metropolitana, che in un certo senso è uno strato della città, ne fa parte.
La metropolitana è inestricabilmente legata alla sua mappa, nella nostra testa le due cose diventano quasi una sola.


Ed è incredibilmente semplice da usare! Davanti al cartellone, mentre tutti mi dribblavano e mi dicevano sorry, sono riuscita a capire in fretta come andare dove volevo andare. Un miracolo, considerando la mia inettitudine nel consultare le cartine. Per il quale, a quanto pare, devo ringraziare Harry Beck, disegnatore di circuiti elettrici per professione ma evidentemente appassionato di grovigli in genere. La sua intuizione è consistita nel modificare la mappa tradizionale, molto fedele al territorio, per favorirne la leggibilità. L'ordine delle stazioni su ogni linea è stato mantenuto, così come il modo in cui le linee incrociano il Tamigi. Ma i percorsi sono stati "raddrizzati", e tratti più brevi sulla mappa non corrispondono più necessariamente a tratti realmente più brevi. In altre parole, la mappa preserva gli aspetti topologici, come l'ordine delle stazioni, e tralascia quelli metrici, come le curvature e le distanze. Questa è una tecnica molto usata in matematica quando si vogliono studiare le proprietà fondamentali di un oggetto geometrico senza perdersi nei dettagli, ed è stata una piacevole sorpresa vederla applicata anche in un aspetto della vita di tutti i giorni.
E se avessimo fretta e volessimo trovare il percorso più breve? La mappa di Beck va bene per capire le connessioni tra le stazioni, ma in questo caso non può aiutarci. (Anche se molti ci cascano.) Recentemente Tom Carden, un designer appassionato di matematica, ha proposto una soluzione alternativa: una mappa diversa in ogni stazione, che traduce in lunghezza la quantità di tempo necessaria per raggiungere le altre. Che ne pensate?