lunedì 22 ottobre 2012

Pitagora, in parole povere

...o senza parole?


Mi sono imbattuta in questo disegno durante il primo anno di matematica a Ferrara. Fino ad allora, il teorema di Pitagora mi era sembrato magia nera: un fatto per nulla ovvio la cui dimostrazione richiede una macchinosa serie di passaggi logici. Quel giorno, mentre fissavo la lavagna, in pochi minuti tutti i pezzi del puzzle sono finiti al loro posto. Ora mi basta ripensare a quest'immagine e capisco in un colpo solo perché mai la somma dei quadrati dei cateti debba per forza essere uguale al quadrato dell'ipotenusa.
Un disegno simile si trova già nel Zhou Bi Suan Jing, un testo cinese che risale a più di duemila anni fa. Nell'undicesimo secolo, il matematico indiano Bhaskara lo inserì nel suo Lilivati, con un solo commento: "Guarda!". Un'altra variante ancora è dovuta a James A. Garfield, forse più noto per essere stato il ventesimo presidente degli Stati Uniti. La versione che ho conosciuto all'università è invece molto più recente, e sembra sia stata scoperta da Maurice Laisnez, uno studente di liceo dell'Indiana.
Alcuni obiettano che queste non sono vere e proprie dimostrazioni, perché mancano di rigore. Per me è stato amore a prima vista.

Di nuovo grazie a Camilla Panebarco per il bellissimo disegno.

martedì 9 ottobre 2012

Uomini e donne

Durante la stagione dell'accoppiamento, ognuno si ingegna come può per trovare un partner. C'è chi passa tutto il tempo a mettersi in mostra lanciando inequivocabili messaggi di disponibilità, e chi a girare come un matto alla ricerca dell'anima gemella. Altri ancora, sembrano pensare che in media stat virtus. Ma quale sarà davvero la strategia vincente?
Per capirlo, pensiamo a cosa succede quando si aprono le danze. I più dinamici scoveranno in fretta un compagno, che probabilmente sarà tra quelli più abili a farsi notare. E così via fino ai più indecisi, che rischieranno di trovarsi in braghe di tela. Insomma, specializzarsi conviene.
Il ragionamento è senz'altro semplicistico in una visione antropomorfa, ma se lo applichiamo a organismi unicellulari potrebbe spiegare perché esistono i maschi e le femmine. I gameti sono finiti con il diventare agili e veloci - gli spermatozoi, oppure grandi e ben riconoscibili - gli ovuli. Ogni ulteriore alternativa è scomparsa sotto la pressione della selezione naturale.
Ovviamente queste sono solo chiacchiere. Per rendere i ragionamenti più precisi, i biologi hanno preso in prestito dalla matematica, adattandola a un contesto evoluzionistico, la Teoria dei giochi. A dispetto del nome, questa si occupa di situazioni di conflitto in cui le scelte dei contendenti sono simultanee, un po' come a carta-forbice-sasso. (Niente a che vedere con il lotto, quindi.) La nuova disciplina è stata chiamata, con poca fantasia, Teoria dei giochi evoluzionistica. Le sue tecniche sono state impiegate con successo per la prima volta da R.A.Fisher per spiegare un fenomeno che tra l'altro ha a che fare con il nostro: perché in molte specie animali il rapporto tra maschi e femmine tende a mantenersi uno a uno.
Riguardo all'origine dei sessi, la ricerca è molto attiva e nessuna spiegazione ha ancora trovato il pieno consenso della comunità dei biologi. Di recente però, un giovane italiano ha proposto una teoria che, se confermata, implicherebbe un vero e proprio cambio di paradigma. :)

lunedì 1 ottobre 2012

Che palle!

Perché l'uno è divisibile solo per uno e per se stesso, eppure non è considerato un numero primo? La questione mi è stata posta più di una volta, e ho sempre finito col bofonchiare qualcosa sulla convenienza per l'enunciazione di questo e quel teorema. Ora ho per le mani una spiegazione più convincente. Eccola qui, per chi ha la pazienza di seguirmi.
Prendiamo un po' di numeri, sparpagliamoli, e colleghiamo ciascun numero a quelli che lo dividono usando delle frecce. Ad esempio, il due e il tre vanno collegati solamente con l'uno, mentre dal sei partono tre frecce: verso l'uno, il due e il tre. Ecco qui cosa otteniamo.


Il disegno è parecchio complicato, ed è difficile capirci qualcosa. Pensandoci bene, però, non tutte le frecce sono importanti. Ad esempio, non abbiamo bisogno di una freccia per ricordarci che l'uno divide il quattro: i numeri sono già collegati dal percorso che passa attraverso il due. Le frecce superflue sono tante e possiamo sbarazzarcene.


Molto meglio, no? E ora capita qualcosa di interessante. Concentriamoci per un momento sul sei. C'è più di un modo per collegarlo all'uno - passando per il due oppure per il tre, ma tutti i percorsi contengono la stessa quantità di frecce. Questo vale per tutti i numeri, e ci dà l'idea di riordinarli disponendoli su livelli, così.


L'uno è da solo al piano terra. Il primo piano contiene invece tutti i numeri che gli sono collegati direttamente con una freccia. Li riconoscete? Esatto, sono proprio i numeri primi! Questo mi sembra un po' il concetto che si vuole afferrare, indipendentemente dalle definizioni usate per descriverli.

Dal disegno si nota anche un'altra cosa. Ogni volta che vogliamo passare da un numero su di un livello al livello immediatamente superiore, ci basta moltiplicare il numero di partenza per un primo. Questo ha a che fare con il Teorema fondamentale dell'aritmetica, ed è il motivo per cui i numeri primi sono spesso paragonati a dei mattoncini, con cui si possono costruire tutti gli altri numeri... Altro che palle!

Grazie a Camilla Panebarco per i bellissimi disegni.